21.11.09

ANGELO FICARRA, Lettera a Salvatore Vaiana sulla strage di Canicattì


Caro Salvatore,

sono profondamente e sinceramente dispiaciuto per quanto scrive Diego Lodato dopo la pubblicazione del tuo splendido saggio nella “Sicilia delle stragi” di G. Carlo Marino sulla strage di Canicattì.


Sono dispiaciuto, anche in nome di una vecchia amicizia che parte dai banchi di scuola, non tanto per le opzioni assunte che non condivido, ma soprattutto perché il suo si manifesta come un intervento anomalo per uno storico. Lui che sull’argomento era intervenuto tanti anni fa non ci dice quale fatto nuovo lo porta a queste convinzioni o perché fino ad oggi ce le ha taciute.

Interviene dopo la pubblicazione del tuo saggio ma non interloquisce, non ne fa inspiegabilmente cenno quasi arroccato dietro una barricata dalla quale ci scaraventa la sua verità. Per questo mi sembrano inaccettabili le “approssimazioni” che da "storico" lui non dovrebbe commettere:

1) Assume per buona acriticamente la testimonianza del farmacista Cigna non tenendo in alcun conto la tua ricostruzione puntuale, ampia e ineccepibile circa le documentate motivazioni di avversione, personale e politica, del farmacista.

2) Accoglie acriticamente la versione dei carabinieri parte in causa. E non tutte: Non cita la testimonianza di un maresciallo che dichiara che i colpi che arrivavano alle sue spalle erano dei cittadini che intervenivano in aiuto alla forza pubblica.

3) Liquida superficialmente la difesa di Lelio Basso apostrofato, quasi con disprezzo, avvocato di parte e di partito! (incredibile).

4) Non c'era la fame?. E’ antistorico! In quei mesi, dopo i disastri del ventennio, dopo la tragedia della guerra, alle porte dell’inverno tutta la Sicilia era percorsa da scioperi provinciali con all’ordine del giorno il problema della disoccupazione. E poi solo la fame avrebbe potuto consentirci di tollerare una manifestazione della “plebe”?

5) Allo "storico" gli assassinii dei militanti della sinistra e della povera gente e le stragi che erano avvenute in tutto il ’46 e avvenivano in quel terribile 1947 in Sicilia evidentemente non dicono niente?

6) Non è un problema lessicale la distinzione fra sciopero e manifestazione. Ma il 21 dicembre 1947 era una domenica. Per lo meno allora di domenica non si lavorava. Non ci poteva essere uno sciopero di domenica nel senso proprio dell’astensione dal lavoro. Era una manifestazione di solidarietà alla lotta per l'imponibile della mano d'opera in agricoltura e contro il crumiraggio organizzato da agrari e mafia.

Quella mattina le delegazioni dei braccianti e contadini avevano chiesto al circolo di Compagnia, al bar Contrino e a tutti gli altri che avevano aderito, un gesto di solidarietà. Solo che si abbassassero le saracinesche o si socchiudessero le porte.

Cosa che allora era civile usanza per esempio al passaggio di un funerale in segno di umana solidarietà con il dolore dei familiari. Era questo il senso della richiesta.

7) E il sindaco che era a Gela? Un interrogativo a insinuare gratuitamente chissà quale turpe disegno.

Di fronte a tanto scempio della verità, fatto in buona o cattiva fede, che cosa se non la tristissima considerazione di dove può arrivare la mente umana quando la ragione cade in balia dell'individualismo sfrenato forse a causa di un presunto stupido orgoglio ferito.

E qui non si può che essere d’accordo con il prof. Carlo Marino:

“... i documenti, quelli da te utilizzati e vagliati con sagace metodo storiografico ... valgono sempre molto di più delle opinioni, dei reperti "impressionistici" di vario segno e delle stesse asserzioni non documentate formulate in buona fede.”

Caro Salvatore, non ti saremo mai grati abbastanza per il tuo importante serio contributo storico sulla strada della verità.

Dobbiamo sapere guardare ben oltre. Non lasciarci cristallizzare dal flash di un momento. La storia cammina. Ho visto il bel manifesto della Sinistra Democratica per i sessant’anni dall’eccidio. E questo significa che i giovani vogliono sapere, vogliono riappropriarsi delle proprie radici.

Tutti questi anni hanno fatto chiarezza certamente almeno su una cosa: oggi non c'è dubbio con chi la mafia era schierata. Incomincia a farsi piena luce anche su chi c'era dietro Giuliano e il terribile periodo stragista che ha impedito una evoluzione democratica e antifascista del mezzogiorno d'Italia condannandolo di fatto alla miseria, alla violenza e al sottosviluppo. Questo è sempre più chiaro per quello che avviene in questi giorni.

Oggi finalmente c'è un no di una parte importante della società che alla fine ha capito. E’ un no alla mafia chiaro anche se difficile. Parlo della forte decisa presa di posizione della Confindustria siciliana contro la mafia. E’ un no che dobbiamo aiutare a crescere. I cittadini, il popolo, la parte sana, democratica, civile che rifiuta la violenza e la mafia lo saluta come un fatto storico di straordinaria importanza. Esso mobilita finalmente una parte della società su un lungo percorso di liberazione quello fin qui costellato purtroppo dalla violenza e dalle stragi a partire da Bronte giù giù fino ai Fasci dei lavoratori, e poi… Lauria, Amato, Lupo, Iannolino fino ai giorni nostri quelli terribili degli assassinii di Pio La Torre, Falcone, Borsellino e dei nostri concittadini Saetta e Livatino.

Ti abbraccio
Angelo Ficarra

E-mail del 10 gennaio 2008

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