18.11.09

SALVATORE VAIANA, Prefazione de "L'Accademia del Parnaso e la poesia di Peppi Paci"


Gaetano Augello
L'accademia del Parnaso e la poesia di Peppi Paci

edito a cura del Lions Club di Canicattì
Canicattì, 2001







Prefazione

Per gli abitanti di Canicattì l'Accademia del Parnaso Canicattinese (APC) è una delle glorie della loro città, un simbolo. L'ultimo contributo alla conoscenza di questo tesoro della cultura locale viene dal prof. Gaetano Augello, Dirigente scolastico dell'Istituto d'Istruzione Superiore "G. Zappa" di Campobello di Licata, attraverso uno scritto d'occasione, un intervento tenuto il 30 settembre 2000 nel quadro delle iniziative culturali promosse dal "Cenacolo Letterario 2000". Un'istituzione culturale questa che con modalità e
con spirito diversi dalla nostra Accademia mantiene viva nell'hinterland canicattinese l'amore per la letteratura. Il lavoro, pubblicato successivamente su Khandaqattin - Itinerario culturale, rivista trimestrale del Comune di Canicattì, viene ora con generosità e sensibilità didattica offerto agli studenti della scuola che dirige con competenza.

L'opuscolo ha una sua peculiare fisionomia e trova un suo spazio fra le sparute opere sull'APC. Espone con sottile verve parnassiana il tema in modo obiettivo, scevro di ridicole esaltazioni campanilistiche, con un linguaggio piano, scorrevole, essenziale, che rifugge da inutili preziosismi barocchi. Un linguaggio quindi che non scoraggia la lettura, ma semmai, assieme al contenuto umoristico delle opere qui proposte, può stimolare l'interesse degli studenti verso la cultura e la storia locale, che è stata introdotta nei nuovi programmi degli istituti professionali. La storia locale, dice il DM 31/1/'97 del M.P.I., «è un campo tematico molto conveniente per far concepire agli studenti il rapporto fra processi storici locali e processi storici generali e per far percepire che i soggetti sono implicati in molteplici storie: perciò è opportuno che almeno uno dei temi della programmazione annuale sia svolto in rapporto col passato del territorio nel quale vivono gli studenti». È chiaro che il D.M. giustifica ad abundantiam proposte di lettura e iniziative di tipo editoriale come la presente.
Nella presentazione al libro di Michele Anselmo "Memorie della Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese", Francesco Pillitteri definisce l'APC un fenomeno culturale che tende a «stigmatizzare uomini, mode e costumi», a biasimare le celebrazioni (le prime a farne le spese furono quelle fasciste). Gli Arcadi sarebbero i primi a disapprovare l'esaltazione di se stessi, e perciò capovolsero arditamente il celebre motto dell'Oracolo di Delfo: Conosci te stesso.
Fra coloro che si guardavano dal conoscere se stessi primeggiava il personaggio che Gaetano Augello considera «il più estroverso del Parnaso»: il Barone Agostino La Lomia. Estroverso e disinvolto il Barone perfino nelle frequentazioni: conobbe negli USA, dove scriveva per il giornale "Il Progresso Italo-Americano, il famoso mafioso italo-americano Lucky Luciano (Salvatore Lucania, originario di Lercara Friddi), di cui divenne tanto amico da ospitarlo nel suo palazzo di Canicattì.
Il Barone si costruisce nell'esperienza quotidiana una sua peculiare filosofia della vita (una filosofia del senso comune, nell'accezione gramsciana) che si potrebbe riassumere nella equazione antisocratica, anticristiana e nietzschiana istinto=virtù=felicità. Il principio «La virtù è propria delle bestie, mentre degli uomini sono propri i vizi» è il fondamento della morale lalomiana, che, introdotto nello Statuto dell'APC, diviene principio etico degli arcadi. L'eccentrico Barone è dedito a condurre una vita mondana, frivola e sensuale: «Per affrontare la vita sul serio bisogna prenderla per scherzo», «Gioite delle sciocchezze ed il mondo sarà vostro», «Il movimento è amore e l'imprevisto la vita», «L'amore è più forte persino della patria, dell'onore e della vita», «Chi si innamora è un eletto», «Dove c'è da godere, mi ci butto!» sono alcune delle massime lalomiane che esprimono al sua visione aforistica della vita. «La dolce vita del barone», come scrisse Giuseppe Fava su I Siciliani, è testimoniata dai diversi documenti fotografici e giornalistici riportati nel libro. La vita «estremamente interessante» di un uomo «eccezionale» la considerò il regista Mauro Bolognini, che promise, ma non realizzò, un film su Barone. Una vita simile a quella del conte Sperelli di D'Annunzio o di Des Esseintes di Huysmans, la vita degli istinti e dei sensi che il con-arcade Pepin le Bref (al secolo don Fausto Curto) bolla come «del tutto "vacua"» proprio per aver seguito «istinti spesso bassi» e una «sensualità sfacciata». Ma ognuno ha le proprie convinzioni, e il barone era convinto che, direbbe Nietzsche, «sinché la vita procede, la felicità è l'atto dell'istinto», che lo condusse non all'affermazione della volontà di potenza, ma alla ricerca del piacere dei sensi: «Tutto va bene per lui - scrisse il giornalista Tony Zermo - : troupes cinematografiche, comitive di modelle, conferenze ad alto livello, purchè ci siano belle donne, mondanità, nomi celebri e allegria». Una vita, insomma, come la presenta lo storico del Parnaso Diego Lodato, «intensa» e «piena di fascino»… decadente (con buona pace di Nietzsche che, al contrario, considerava «decadenza» la lotta socratica e cristiana agli istinti): la vita decadente dell'«ultimo dei Gattopardi», così lo definisce Augello. Eppure l'ardito Barone riusciva a conciliare Cristianesimo ed erotismo. Il Barone era profondamente convinto che la sua ostentata vita erotica extramatrimoniale fosse una grazia divina; racconta, a proposito, Vincenzo La Lomia, che egli «ogni qualvolta finiva di fare l’amore, si inginocchiava davanti al Crocifisso e ringraziava Dio d'avergli dato ancora una volta la virilità».
In una intervista giornalistica il Barone dichiarò, coerente con queste sue convinzioni, che «la vita è bella e val la pena di viverla come meglio si può. Al diavolo la società!». Condusse conseguentemente una vita aristocratica lontana, direbbe D'Annunzio, «dal grigio diluvio democratico che molte belle cose e rare sommerge miseramente», lontana dai problemi di quelle plebi canicattinesi che certo non lo potevano amare e perciò non lo onorarono al suo funerale.
Qualche raro momento di vita interiore però il barone dandy è ipotizzabile che l'avesse, se il suo daimòn, proiezione di un'inquietudine interiore, una volte gli disse che «tutto nella vita è sciocchezza più o meno importante».
Nella realtà democratica odierna, diversa da quella dittatoriale in cui l'APC maturò ma non immune da aggressioni di più sofisticate neo dittature, provenienti dall'etere e da Internet, è necessario conoscere se stessi e la propria polis se non si vuole rimanere fagocitati dalle moderne e subdole dittature. È necessario educare i nostri studenti al "conosci te stesso" per migliorarsi e al senso critico come antidoto all'incombente omologazione dei cervelli.
È necessario, altresì, recuperare la pratica dell'ironia in senso socratico, cioè dell'ironia come antidoto alla proliferante saccenteria e come mezzo per destare nei nostri studenti l'abitudine alla ricerca (infinita) della verità e al rifiuto delle (mere) opinioni, ad esempio, dei mass media.
L'invito di Gaetano Augello a leggere o a rileggere l'APC, definita dal filosofo e saggista Adriano Thilgher «la più audace e geniale satira politica e del costume», potrebbe essere, infine, un'occasione, offerta alle nuove generazioni, per un ritorno all'uso della satira come efficace medicina per scuotere e curare quegli ambienti intossicati da potenti veleni che paralizzano la necessaria dialettica democratica e la crescita della città.
I cenni biografici sulla «vicenda umana e artistica di Pepi Paci» - «maestro di "fuorficia" per abiti e "costumi"» secondo Pepin le Bref - e una significativa scelta antologica (il fior fiore della sua opera poetica), completano il quadro degli arcadi più importanti.
Chiudono l'opera due preziose «testimonianze inedite sul poeta», una chicca di fine Millennio che Augello regala ai cultori del Parnaso e a tutti i lettori; un omaggio anche al sarto dalla inesauribile vena poetica o, se si vuole, all'artigiano della poesia, a ragione definito dall'autore il «vero grande poeta» del Parnaso canicattinese. Corona d'alloro dunque, «con un solo giro» come prescritto dallo Statuto, all'uomo che ha vissuto la vita comune, non eccezionale ma forse non «vacua», della gente comune.
A corredo dell'opera vi sono un'ampia bibliografia, la più completa finora scritta, una ricca appendice comprendente un inedito documento di Peppi Paci, lo Statuto dell'APT e una proposta di lettura, che costituiscono degli utilissimi strumenti offerti a insegnanti e studenti per l'approfondimento della Universia Parnassia Canicattinensis Secularis Academia.
Nella scuola dell'autonomia la proposta del Dirigente Augello di una "collana di materiali didattici e informativi", che raccolga i lavori didattici degli alunni e i contributi personali offerti senza fini di lucro dal personale della scuola e che utilizzi per la realizzazione editoriale le competenze professionali, le nuove tecnologie informatiche e tutti gli altri strumenti che l'Istituto possiede, rappresenta un elemento qualificante dell'offerta formativa. La collana, con i titoli del materiale già prodotto, potrebbe essere formalmente inserita nel POF 2001-2002.
Termino questa breve prefazione con l'augurio sincero che il lavoro del preside Augello sia occasione di una buona lettura e riflessione non solo per gli studenti di Canicattì, di Campobello e di Naro, cui l'opuscolo è principalmente rivolto, ma anche per le loro famiglie e per tutta la nostra comunità scolastica.

Salvatore Vaiana

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