Le lotte popolari del luglio '60 in Sicilia si inseriscono, con una loro peculiarità, nel contesto di una drammatica pagina della storia italiana: il governo Tambroni e, in particolare, la provocatoria convocazione del Congresso nazionale del MSI a Genova, città medaglia d'oro della guerra di liberazione antifascista.
Il contesto nazionale
Fernando Tambroni costituisce un nuovo governo il 26 marzo, è un monocolore democristiano. Ministro degli Interni è Giuseppe Spataro. Alla camera il nuovo ministero si regge sul voto determinante di ventiquattro deputati del MSI.
In occasione dell’annuncio del congresso del Movimento sociale italiano, previsto a Genova per luglio, insorgono le organizzazioni partigiane della città e di altri centri del nord. Il governo risponde con estrema durezza, reprimendo scioperi contro la disoccupazione e manifestazioni di protesta, nelle quali assumono un ruolo di primo piano i giovani. Sulle piazze italiane, da Reggio Emilia a di Licata vi sono parecchi morti e feriti.
Alla fine la crisi si risolve con la caduta del governo Tambroni e la costituzione di un monocolore guidato da Fanfani, con l'appoggio dei socialdemocratici e dei repubblicani e l'astensione dei socialisti.
Riguardo alla accennata partecipazione giovanile a questi moti ha scritto lo storico Giuseppe Carlo Marino: «La vittoriosa lotta contro l'avventura (o la scriteriata disavventura) tambroniana ricostituì per qualche tempo una sorte di fronte unito dei figli della guerra antifascisti, proiettandone le idee e le passioni sul terreno del tutto aperto e senza limiti sul quale si stavano formando le identità politiche dei molti ragazzi che avvertivano la stessa utopia della rivoluzione come una suggestione della modernità: una sensazione che forse era ancora più pressante e struggente in quanti, lavoratori o intellettuali, afflitti dalla durezza della vita e smarriti per la difficoltà di accedere al lavoro prima ancora che al benessere, temevano, soprattutto al Sud, di non avere la modernità a portata di mano».
Gli avvenimenti in Sicilia
In Sicilia due importanti eventi precedono i tragici fatti di Licata, Palermo e Catania: le dimissioni, il 16 febbraio, della giunta di Silvio Milazzo, che sarà sostituita da una maggioranza composta da Dc, Pli, Msi e monarchici; e gli scontri del 27 giugno a Palermo nel corso di uno sciopero generale proclamato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil per sollecitare alcune richieste a favore dell'economia della città: 30 le persone rimaste ferite.
Ed ecco lo svolgimento di quegli avvenimenti a Licata, Palermo e Catania nella sintesi puntuale di Renzo Del Carria:
«La prima città a scendere in lotta all’inizio di luglio è Palermo con uno sciopero generale a cui partecipano 20.000 operai. Le saracinesche dei negozi del centro sono chiuse. Alcuni autobus, guidata da crumiri, vengono immobilizzati e messi fuori uso. Gli operai occupano per tutta la mattina i punti nevralgici del centro: Piazza Politeama, Corso Vittorio Emanuele, Piazza Massimo, i Quattro canti. Ci sono violenti scontri con la polizia che spara in aria. Un maresciallo, che aveva estratto la pistola, viene disarmato e percorso dai lavoratori. Cortei operai bloccano l’Arcivescovado e la Prefettura.
Il 5 luglio è la volta dello sciopero generale a Licata (Sicilia). La cittadina è preda della crisi agricola per la distruzione delle culture per il maltempo, della crisi industriale per la chiusura della Montecatini, unica fabbrica della zona, e della crisi del porto, pressoché inattivo. Inoltre era stato soppresso lo scalo ferroviario e negli ultimi mesi avevano emigrato oltre mille abitanti. Lo sciopero è generale: chiusi i negozi, gli uffici, le banche e gli esercizi pubblici. Tambroni fa affluire a Licata un’intera brigata di carabinieri oltre a vari reparti della polizia dalle vicine città.
La manifestazione di strada raccoglie tutti i lavoratori della città e si protrae per tutta la giornata. I treni in transito sono bloccati alla stazione da seimila persone sdraiate sui binari. Molte barricate sorgono sulle strade statali che attraversano la cittadina.
Iniziano così gli scontri tra polizia e manifestanti. La polizia si serve dei calci dei moschetti, degli elmetti impugnati per i sottogola e di candelotti fumogeni. La folla si difende con i sassi. Presto tutta la cittadina è centro di scontri. Verso le ore 20 la polizia stende un cordone intorno al centro e spara a zero sui lavoratori, causando un morto, cinque feriti gravi e molti feriti leggeri. La folla non scappa e gli scontri proseguono per tutta la notte, mentre viene smantellato dai proletari il ponte di ferro sul fiume che collega la città alla strada statale e un’auto della polizia è data alle fiamme. […]
L’8 luglio sciopera anche la Sicilia e in prima linea Enna, Messina, Caltanissetta, Agrigento e Palermo. La manifestazione è imponente soprattutto in quest’ultima città, dove da tutti i rioni popolari una fiumana di popolo si riversa verso il centro bloccando mezzi pubblici e facendo abbassare le saracinesche ai negozi. Improvvisamente, a mezzogiorno, gruppi di celere caricano con violenza in via Amari. La folla si difende con i sassi e paletti di legno. Altri scontri violentissimi avvengono in via Ruggero Settimo e in tutta la zona tra Piazza Politeama e Piazza Verdi, Si erigono barricate con casse, bidoni, tralicci metallici e grosse pietre. Si tenta l’assalto al palazzo del Comune. Poi carabinieri e agenti avanzano in ordine sparso ripulendo le strade e sparando sui manifestanti: riusciranno a riprendere il controllo del centro solo al cala della sera. Si contano tra i popolani tre morti (due sul momento e uno che decederà il giorno successivo) e trentasei feriti da proiettili sparati dalla forza pubblica, mentre i fermati sono 317. Tra la polizia 72 sono i feriti da sassi e bastoni. Quattrocentoventi i lavoratori arrestati.
Lo stesso 8 luglio vi è lo sciopero generale anche a Catania. Nel pomeriggio viene il solito attacco di carabinieri e poliziotti al corteo di dimostranti. Questi reagiscono e si accende una furibonda lotta di strada nella zona tra Piazza Università e Piazza Stericoro tra il fumo dei candelotti e il volare delle pietre.
In corso Sicilia si alzano delle barricate con materiale da costruzione. A questo punto la polizi spara con pistole e fucili causando un morto e sei feriti tra i lavoratori. Ciò nonostante gli scontri proseguono sino a tarda notte soprattutto in Piazza Duomo, ove è assembrata una folla enorme, e nelle strade adiacenti. Alle ore 23 si ha un altro grave ferito, l’ultimo della giornata, a seguito di nuovi scontri.»
DOCUMENTI
Luglio '60 - Violenza e coscienza proletaria
(in "Lotta continua", 1 dicembre 1971)
(in "L'Ora", 1-2 luglio 1960)
(in "L'Ora", 2-3 luglio 1960)
I mitra crepitarono e poi fu la tragedia
(in "L'Ora", 7 luglio 1960)
BIBLIOGRAFIA
- Philip Cooke, Luglio 1960. Tambroni e la repressione fallita, Teti editore, 2000.
Su Genova:
- Anton Gaetano Parodi, Le giornate di Genova, Editori Riuniti, 1960.
- Francesco Gandolfi, A Genova non si passa (con prefazione di Sandro Pertini), edizioni Avanti.
- Movimento 30 Giugno, Il 30 Giugno a Genova.
LINKS ESTERNI
- http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2012/06/8-luglio-60-franco-padrut-rievoca-le.html
- http://perlasicilia.blogspot.com/search/label/Luglio.1960 (Luglio 1960 - Perlasicilia)
- http://www.libertaegiustizia.it/2009/07/06/tambroni-e-il-luglio-caldo-del-60/#more-3545
- http://www.anpimarassi.it/public/30giugno.htm
- http://www.ragionpolitica.it/testo.92.html (Gianni Baget Bozzo, Recensione a "Luglio 1960 e la repressione fallita" di P. Cooke)
- http://www.liguria.cgil.it/Ufficiostampa2010/giugno/30giugno.htm
- http://casarrubea.wordpress.com/2010/06/29/italia-le-stragi-del-luglio-1960/
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