17.8.16

SALVATORE VAIANA, Per la salvaguardia dei dialetti e delle culture locali nell’epoca della neolingua imperialista e della cultura unica

Un inguaribile sostenitore della cultura siciliana, Marco Scalabrino, si è recentemente cimentato con un saggio traboccante di interessanti pagine di critica letteraria regionale su La racìna di Sant’Antoni, un romanzo di una colonna classica della letteratura siciliana, Alessio Di Giovanni.

Un’opera quest’ultima scritta in siciliano, ma voluta dall’autore con traduzione italiana a fronte «per sperimentare» il criterio di giungere «alla lingua nazionale attraverso la traduzione del dialetto», e pubblicata con coraggio nel 1939, quando quel fascismo intriso di mito imperialista romano aveva già imposto la «purezza dell’idioma patrio»  decantata dal suo capo Mussolini nel 1931.
Una lingua che Di Giovanni definisce «gloriosa e duttile e perfetta» che tuttavia mai potrebbe «rendere l’intima anima» della Sicilia e dei Siciliani, esprimibile solo «adoperando il vermiglio linguaggio dell’isola». Puntualizza il poeta dei contadini e dei minatori: «Ho voluto introdurre, nella mia traduzione, delle parole siciliane che meritano come il ciuciuliari di entrare a far parte della lingua nazionale, perché espressive e succose. Così, in luogo del generico “orciolo”, ho usato il siciliano ogghialoru, perché indica, in maniera più chiara e più efficace, quel piccolo vaso di terra in cui i nostri contadini sogliono tenere l’olio».
Oggi, purtroppo, la lingua e i dialetti italiani sono attaccati prepotentemente da insidiosi droni linguistici anglo-americani, che possiamo contrastare con la “mossa” linguistica di Andrea Camilleri: difendersi dal potere imperialista ricorrendo alla propria lingua e alla propria cultura.
Attraverso la sua pervasiva “neolingua”, e con le sue terrificanti basi militari e inquietanti stazioni radar siciliane, l’impero americano varca nuove frontiere nell’illusoria conquista del potere globale.
Fermare questo distruttivo dominio dovrebbe essere un dovere morale dei siciliani: Scalabrino lo pratica con i suoi saggi improntati alla salvaguardia della lingua multiculturale di un’Isola che da sempre è accogliente crocevia di popoli.

Contrada Russi (Canicattì), Ferragosto 2016

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