28.4.19

SALVATORE VAIANA, Domenico Messina e i 50 anni della Cantina Viticultori Associata (CVA)


Cinquant'anni fa nasceva la CVA di Canicattì con il contributo determinante di Domenico Messina, uomo forte di un'esperienza cooperativistica lunga 25 anni, era stato infatti fondatore e dirigente della Cooperativa "La Proletaria" di Canicattì per l'assegnazione delle terre incolte o mal coltivate e presidente della Cooperativa "La Madre Terra" di Sciacca, fondata da Accursio Miraglia.
Di seguito riportiamo un paragrafo tratto dal libro "Il contadino dirigente".


La terza esperienza cooperativistica nella “Viticultori Associati”

A Canicattì i primi segni di uno sviluppo nel settore vitivinicolo risalgono agli inizi del Novecento, ma è negli anni Sessanta che si avviò un’apprezzabile produzione di uva. Ecco come Michele Mandiello presentava, nella sua pubblicazione del 1967, la nuova realtà vitivinicola canicattinese:

«Nella zona orientale del territorio agrario della provincia di Agrigento la coltivazione della vite per uve da vino, sia in coltura promiscua che in coltura specializzata, ha raggiunto una buona diffusione. I Comuni maggiormente interessati sono quelli di Favara, Canicattì, Palma di Montechiaro, Campobello di Licata e Licata. […].
In questo Comune [di Canicattì] la coltivazione del vigneto ha assunto una rilevante diffusione, sia per uve da vino che per uve da tavola. Le contrade maggiormente interessate alla coltura sono: ‘Capa d’acqua’ - “Graziano” - “Tulumella” - “Colombana’ - “Lumpisu’ - Grotticelle” - “Cazzola’ e ‘Serralunga”. La superficie investita riguarda circa 1500 Ha di buoni terreni. [...].
 Nella zona occidentale e specie a Canicattì si registra una maggiore sensibilità verso l’uso dei fertilizzanti: ma ancora non si è raggiunta una quota di utilizzo normale. […].
Altra cooperativa Cantina Sociale esiste a Canicattì, ma non è dotata di moderno e razionale stabilimento enologico sociale, essa si chiama “Spiga d’oro” e nel 1965 ha ammassato 3.200 Q.li di uva circa e la stessa quantità nel 1966. […].
Zona orientale. La diffusione del vigneto per uve da vino nel territorio dei Comuni di Favara, Canicattì e Naro, Palma di Montechiaro, Campobello di Licata e Licata, può essere assegnata ancora ai terreni delle contrade indicate nella situazione esistente, oltre che a quelle limitrofe. L’incremento della coltivazione potrebbe essere raggiunto in due periodi di 5 anni e precisamente: Canicattì e Naro, possibilità dal 1967 al 1971 Ha 1.500, possibilità dal 1972 al 1976 Ha 3.000. […].
“Italia I. P. 65”. – È la varietà che fino ad ora ha dato più soddisfazioni ai viticoltori, specie nella zona di Canicattì, con acini molto grossi piuttosto ovali, con polpa croccante tendente al gusto moscato. Grappolo spargolo e voluminoso cilindro-conico. La buccia è robusta. Richiede una potatura lunga. Il prodotto si presta molto sia per l’esportazione e sia per la conservazione. Matura in terza epoca. […].
La produzione della zona orientale, e in specie quella di Canicattì, viene convogliata nei grandi mercati di assorbimento e consumo dell’Isola e cioè a Palermo e a Catania. [...].
Le possibilità di espansione in futuro sono di buona, eccellente, prospettiva per quanto riguarda in modo particolare la coltivazione del vigneto per uve da vino, sia per l’occupazione che per l’incremento di reddito in agricoltura. Per quanto riguarda la coltivazione del vigneto per uva da tavola, la situazione attuale non è florida».

Due anni dopo questa pubblicazione, Messina ritornò a Canicattì portando con sé le formative esperienze con il prestigioso agronomo e la cooperativa “La Madre Terra”, e vi lavorò per quell’espansione intravista dal suo amico.
Negli anni del boom dell’uva “Italia”, presto si dovette fare i conti con l’assenza, denunciata da anni, di una cantina sociale per i produttori. Il 30 ottobre 1969, due reduci delle cruente battaglie degli anni Quaranta e Cinquanta, Domenico Messina e Francesco Cigna, si fecero promotori, con il sostegno della Lega Provinciale delle Cooperative e l’interessamento dell’On. Giuseppe Lauricella, della «Società Cooperativa Cantina Sociale “Viticultori Associati», con sede a Canicattì. Fra i 28 soci della cosiddetta «Cantina di li cumpagni» vi erano anche alcuni ex assegnatari della riforma agraria del ’50 e i sindacalisti Antonio Giardina (dirigente locale della Associazione Coltivatori Siciliani) Antonio Saccaro (segretario della Camera del Lavoro), Gaetano Giardina (segretario aggiunto della Camera del Lavoro).
La cantina entrò in piena funzione solo nel 1974, un anno triste per l’uva “Italia” a causa di uno di quei temporali che mettono in ginocchio (non solo) l’agricoltura. La gravità dei danni spinse i comunisti canicattinesi, sollecitati anche da Messina, a chiedere, il 31 ottobre 1974, attraverso il loro segretario politico, l’intervento dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Caltanissetta e Agrigento.
Della Cooperativa Messina fu ininterrottamente per circa 25 anni amministratore delegato di grandi capacità e carisma e per questo ha lasciato una traccia indelebile fra i dipendenti, i soci e i dirigenti, fra i quali ricordiamo Alfonso Lo Sardo (attuale presidente), Salvo Di Puma, Giuseppe Iannicelli e Pietro Montanti (ex presidenti), Giuseppe Calabrò (ex vicepresidente), Diego Guccione (ex ragioniere capo), l’enologo Angelo Molito, il direttore amministrativo Giuseppe Sferrazza e il responsabile del marketing Salvatore Messina (per il quale «lo zio Domenico è stato un secondo padre»).
Agli inizi degli anni Novanta, quando cominciò a percepire il peso dell’età, ma non dello spirito, Messina si dimise dalla impegnativa carica di amministratore delegato della Cantina.
Negli ultimi due decenni della sua esistenza continuò a dare alla “Viticultori associati”, nei limiti consentiti dalle sue forze, il suo contributo.
Ha scritto recentemente, in occasione delle ricorrenze dei cent’anni della Cgil e dei centovent’anni della Lega delle Cooperative, un anziano compagno di Messina, il prof. Francesco Renda:

«Ai dirigenti della Lega delle cooperative ho recentemente indicato una proposta assai concreta e suggestiva. Il programma agrario socialista siciliano fu attuato una prima volta con le cooperative di affittanze collettive nel decennio precedente la prima guerra mondiale, una seconda volta con i decreti Gullo nel decennio seguente la seconda guerra mondiale. Perché non ipotizziamo una ripresa di quel programma agrario ad opera di nuove cooperative agricole facendo tesoro degli errori e delle virtù delle passate esperienze cooperativistiche? Certo, non abbiamo più i Bernardino Verro e i Nicola Barbato e nemmeno i Fausto Gullo e i Girolamo Li Causi. Ma le intelligenze non mancano. Credo oggi nuovamente fattibile una ripresa di cooperativismo forte […]. Noi abbiamo bisogno di lavoro e tante sono le terre incolte o mal coltivate nel centro della Sicilia ridotta a un deserto […]. Oggi si fa tanto discutere dei fondi patrimoniali dalla magistratura confiscati ai capi mafiosi. A farne richiesta di gestione cooperativa sono moltissimi giovani. Ma perché questi potenziali cooperatori non sono indirizzati a far richiesta contrattuale per la gestione cooperativa di altri servizi pubblici municipali, regionali e statali dati in appalti assai costosi e non sempre dai fini molto chiari?».

Nella città di Domenico Messina, dove le intelligenze non mancano e giovani disoccupati sono tanti, è auspicabile uno sviluppo cooperativistico che dia loro lavoro. Dopo l’esperienza della Cooperativa “La Proletaria”, Messina riuscì prima a rinnovare la Cooperativa “La Madre Terra” e poi ad avviare la Cooperativa “Viticultori Associati”, che oggi, come mostrano le foto della sezione immagini di questo libro, è attiva e con macchinari all’avanguardia: essa rappresenta un modello e una speranza per tanti giovani. Parafrasando il noto slogan “Un altro mondo è possibile”, possiamo ricordare loro che, lungo l’esperienza di Messina, “altre cooperative sono possibili”.


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