21.11.09

GIUSEPPE CARLO MARINO, Lettera a Salvatore Vaiana sulla strage di Canicattì


«Caro Salvatore,

se i fascisti ci leggono, e protestano, la cosa va ascritta a merito del libro [La Sicilia delle stragi] e del Suo saggio [La strage di Canicattì] sulle dolorose vicende di Canicattì.


Le polemiche non mi sono mai riuscite sgradite. E' bene che la controparte si sfoghi e faccia defluire i suoi veleni. Comunque non è di poco conto il fatto che in tempi di conformismo dilagante da entrambi le parti si dia corso alla "passione della memoria": serve molto di più dell'oblio e costituisce un insolito antidoto ai vuoti provocati dal dilagante trasformismo politico e culturale. La storia, se è "buona storia", è fatta non per uniformare i giudizi, ma per valorizzarne i diversi, e spesso opposti, itinerari. E' dialettica. Solo e perché dialettica, tiene vivo un permanente confronto con il mito della "verità".

Naturalmente, in tutto questo, non sono sopportabili le asserzioni formulate in consapevole malafede a protezione di interessi di parte, quando non addirittura di interessi di fazione. E i documenti, quelli da Lei utilizzati e vagliati con sagace metodo storiografico (penso, tra l'altro, ai testi sull'argomento di una grande anima del livello di Lelio Basso) valgono sempre molto di più delle opinioni, dei reperti "impressionistici" di vario segno e delle stesse asserzioni non documentate formulate in buona fede.

Vorrei che i nostri "compagni" fossero davvero impegnati, senza incorrere in opportunistici cedimenti della loro specifica "passione di memoria", a far valere quei loro grandi itinerari di giudizio storico formatisi nell'esperienza di popolo per la giustizia sociale, come Lei ha ben fatto con oneste vocazioni critiche e su ferme basi documentarie, nel Suo bel saggio sulla strage di Canicattì.

In ogni caso, per la prossima presentazione del libro a Canicattì, si prefigura un dibattito ricco e interessante.

Giuseppe Carlo Marino».

E-mail - 29 Dicembre 2007

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