22.11.09

SALVATORE VAIANA, «Nuova storia», didattica della storia locale, archivi

Pubblicato su "Nonsoloagricoltura" n. 1, 1999.












Nel mezzo di un processo di rinnovamento della ricerca storica che gradualmente andava abbandonando quella che Francois Simiand definì histoire événementielle (cioè la storia tradizionale dei fenomeni politici, militari e diplomatici, cui si contrappose la cosiddetta “nuova storia” della scuola francese), lo storico Fukuyama proclamava dal suo pulpito la fine della storia. Le innumerevoli ricostruzioni storiche degli anni successivi sconfessarono però la bizzarra tesi dello storico giapponese, mentre le nuove tecnologie informatiche hanno aperto un’epoca nuova, affascinante e pericolosa insieme, in cui già iniziano a diffondersi numerose microstorie (basti pensare alla collana editoriale “Microstorie” che comprende saggi sulla vita privata, e agli studi sulla donna, sulla folla, sulla follia ecc.).
In ambito scolastico, la “nuova storia” ha spazzato via una didattica il cui obiettivo era stato sic et simpliciter quello di caratterizzare le «grandi figure dell’umanità» e i «momenti rappresentativi di un’epoca» al fine di «giovare a far conoscere e amare la Patria e a far nascere sentimenti di fraternità per i popoli che costituiscono la grande famiglia umana (Programmi Ermini, Scuole elementari, 1955). La nuova storia creò le premesse per la valorizzazione e lo sviluppo della storia locale, che è uno strumento formidabile di appropriazione della memoria collettiva, di ricerca delle proprie radici e, per dirla con Guarracino e Ragazzini, mezzo «per fare degli studenti non degli storici ma dei cittadini lavoratori» che possano vivere «con mentalità e operatività non subalterne». Inoltre sembra convalidato da diverse esperienze didattiche che lo studio-ricerca dell’ambiente circostante stimola gli interessi reali dell’alunno e che «la storia locale – come osserva a ragione lo storico Antonino Recupero - è non fine a se stessa, ma fuoco di processi più vasti, interpretabili forse col modello di centro-periferia-semiperiferia di Wallerstein». Bisogna però evitare quel «localismo deteriore» di cui parla Scipione Guarracino in “Storia e insegnamento della storia”: «Le storie dell’ambiente hanno un senso se sono casi particolari di un quadro generale di riferimento, di cui costituiscono un aspetto particolare e alla luce del quale assumono significato, in connessione con altri aspetti particolari che, collegati, costituiscono il contesto».
La didattica della storia locale è richiesta dagli attuali programmi di storia dell’istruzione professionale (Decreto M.P.I. 31 gennaio 1997). Secondo il Programma di storia per il triennio dei corsi di qualifica: «La storia locale è un campo tematico molto conveniente per far concepire agli studenti il rapporto fra processi storici locali e processi storici generali e per far percepire che i soggetti sono implicati in molteplici storie: perciò è opportuno che almeno uno dei temi della programmazione annuale sia svolto in rapporto col passato del territorio nel quale vivono gli studenti». Questa scelta programmatica è confermata nel biennio dei corsi postqualifica: «In ciascun anno uno dei moduli deve tematizzare un fatto relativo alla storia locale (a scala regionale o a scale spaziali inferiori). La conoscenza della storia del territorio ha potenzialità formative che vanno sfruttate anche svolgendo temi di storia settoriale. Infatti, essa può: a) cooperare a costruire il senso d’identità sociale dei giovani e contribuire alla formazione civica dei futuri cittadini; b) sviluppare atteggiamenti di comprensione delle differenze di storie e d’identità come ricchezze e risorse delle società umane; c) stimolare l’uso sociale della conoscenza storica. La storia settoriale locale può essere realizzata mediante la trasposizione di testi storiografici oppure mediante la trasposizione delle procedure della ricerca storiografica grazie all’uso d’insiemi di fonti. Spetta all’insegnante scegliere ogni anno la modalità preferibile». È questo un invito palese agli insegnanti ad introdurre nell’attività didattica la storia locale, considerata parte integrante della storia dell’uomo, dalla quale iniziare lo studente per introdurlo nell’universo sterminato della “macrostoria”. Ogni alunno può trovare nella storia locale tutti gli elementi della cultura che troviamo nella storia ufficiale, e questo permette di produrre motivazione nello studio e apprendimento storico, di fare storia in modo nuovo.
In linea con le nuove metodologie della storia e delle nuove indicazioni programmatiche per gli istituti professionali, quest’anno inseriremo nell’attività didattica del 2° quadrimestre due ricerche: una pagina inedita di storia canicattinese sulle società operaie e una storia della banda (una tematica questa molto vicina agli interessi di tanti nostri alunni, e quindi notevolmente motivante, che vedono nella banda una forma di espressione artistica e di aggregazione umana). Con esse intendiamo proseguire sulla strada della sperimentazione già avviata nell’area di approfondimento con le visite guidate all’area archeologica di Vitosoldano e al centro storico di Canicattì, accompagnate dalla preparazione di schede sui monumenti. Si tratta da un lato di sviluppare una “didattica della storia dentro e fuori l’aula”, come recita il titolo di un saggio di Antonio Brusa, che speriamo dia risultati positivi e stimolanti per il futuro, e dall’altro di abbandonare definitivamente un metodo d’insegnamento / apprendimento mnemonico ripetitivo e nozionistico, basato sul manuale (che talvolta demotiva docenti e discenti), e sperimentare metodi più stimolanti come la ricerca guidata, «pura» o «simulata»; metodi suggeriti peraltro dal PEI del nostro Istituto (pp. 33-34).
Le difficoltà sia interne sia esterne alla scuola per l’attuazione dei progetti sono notevoli, ma non bisogna demordere. Fra gli ostacoli esterni segnaliamo la difficoltà e talvolta l’impossibilità di consultazione degli archivi parrocchiali, privati e comunale di Canicattì, i quali, assieme alle fonti materiali e artistiche, sono strumenti indispensabili per fare storia locale. Per l’accesso al ricco ma-teriale dell’archivio storico comunale ci appelliamo alla sensibilità del sindaco (e docente delle scuole superiori canicattinesi) Antonio Scrimali, che invitiamo a raccogliere la denuncia accorata lanciata da don Curto dalle pagine di questa rivista affinché si presti attenzione alla raccolta e sistemazione dei documenti nei nuovi locali di palazzo Stella per una loro agevole consultazione. Sarebbe il primo concreto passo per potere avviare gli studenti alla ricerca storica d’archivio. Il secondo passo verso una fruizione corretta dell’archivio dovrà essere il servizio di un archivista competente, «l’archivista infatti – osserva Raffaele Santoro, dell’Archivio di Stato di Roma – non è solo la professionalità in grado di individuare la presenza di determinati documenti, relativi ad uno specifico oggetto, ma può consentire di sviluppare un discorso complessivo, che non si limiti a pure indicazioni di fonti. È suo compito infatti chiarire il contesto istituzionale nel quale sono inserite le singole unità, analizzando le motivazioni politiche e istituzionali alla base della loro formazione». Fra gli ostacoli interni vi sono da un lato l’apatia (da rimuovere) delle nuove generazioni verso l’impegno culturale, dall’altro la mancanza di corsi di formazione archivistica per i docenti di storia che impedisce una nuova e più qualificata professionalità, condizione necessaria per una (speriamo non futuristica) scuola–laboratorio.


SALVATORE VAIANA

Nessun commento:

Posta un commento