A mio padre,
prizzese a Palermo e in Australia
marito, papà, nonno affettuoso
attivista politico e sindacale
passionale e sognatore
artigiano figlio d'arte
chitarrista popolare
lettore avido
meditativo
generoso
Yogi
Un amore antico quello fra Prizzi e la musica, una musica popolare come la sua anima.
Polke, mazurche e tarantelle attenuavano da tempo immemore le immani fatiche di un popolo contadino abbarbicato da secoli su un’alta montagna assediata da violenti feudi brulicanti di chini contadini.
Chitarre, mandolini, bangi e fisarmoniche diffondevano in un cielo dai cangianti umori note che esorcizzavano l’inferno che stava giù, nella bruciante terra feudale.
Musiche, canti e balli allietavano il lungo carnevale, la nascita e il matrimonio, riempivano le notturne serenate di amore o di sdegno all’amata, consolavano il contadino e l'artigiano nel loro estenuante lavoro e nei rari momenti liberi.
Erano musiche eseguiti da gruppi di artigiani, calzolai, falegnami, fabbro-ferrai e barbieri perlopiù, di cui non rimane il ricordo di una foto - ne riaffiora qualcuna dal web ed è davvero una rarità d'inestimabile valore documentale - né i nomi dei loro componenti.
E' nella memoria di chi scrive il ricordo di un gruppo che si esibiva a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento; era formato da Giannino Collura, Pasquale Provenzano e Mario Vaiana: un falegname, un fabbro e un calzolaio uniti da un'amicizia che sfidò il tempo delle loro esistenze.
A cancellare gradualmente le espressioni della millenaria civiltà agro-pastorale e artigiana furono la fine del latifondo e la seguente emigrazione nel mondo, dall'Europa alle Americhe all'Australia. Ma i nostri emigranti non recidevano i legami con la loro terra, di essa nell'animo portavano tradizioni, usi e costumi. E nelle nuove terre diffondevano anche nostalgiche note da quei sentimentali strumenti.
prizzese a Palermo e in Australia
marito, papà, nonno affettuoso
attivista politico e sindacale
passionale e sognatore
artigiano figlio d'arte
chitarrista popolare
lettore avido
meditativo
generoso
Yogi
Un amore antico quello fra Prizzi e la musica, una musica popolare come la sua anima.
Polke, mazurche e tarantelle attenuavano da tempo immemore le immani fatiche di un popolo contadino abbarbicato da secoli su un’alta montagna assediata da violenti feudi brulicanti di chini contadini.
Chitarre, mandolini, bangi e fisarmoniche diffondevano in un cielo dai cangianti umori note che esorcizzavano l’inferno che stava giù, nella bruciante terra feudale.
Musiche, canti e balli allietavano il lungo carnevale, la nascita e il matrimonio, riempivano le notturne serenate di amore o di sdegno all’amata, consolavano il contadino e l'artigiano nel loro estenuante lavoro e nei rari momenti liberi.
Erano musiche eseguiti da gruppi di artigiani, calzolai, falegnami, fabbro-ferrai e barbieri perlopiù, di cui non rimane il ricordo di una foto - ne riaffiora qualcuna dal web ed è davvero una rarità d'inestimabile valore documentale - né i nomi dei loro componenti.
E' nella memoria di chi scrive il ricordo di un gruppo che si esibiva a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento; era formato da Giannino Collura, Pasquale Provenzano e Mario Vaiana: un falegname, un fabbro e un calzolaio uniti da un'amicizia che sfidò il tempo delle loro esistenze.
A cancellare gradualmente le espressioni della millenaria civiltà agro-pastorale e artigiana furono la fine del latifondo e la seguente emigrazione nel mondo, dall'Europa alle Americhe all'Australia. Ma i nostri emigranti non recidevano i legami con la loro terra, di essa nell'animo portavano tradizioni, usi e costumi. E nelle nuove terre diffondevano anche nostalgiche note da quei sentimentali strumenti.
Oscurata dalla nascente musica rock, espressione del tardo mondo industriale e delle sue micidiali insidie, la musica popolare però faticava a eclissarsi del tutto e di tanto in tanto ne arrivava un'eco, distorta da inadeguati strumenti elettrici, nei repertori musicali dei nuovi complessi giovanili, che cercavano di coniugare le melodie del passato con l'elettrico beat.
Risorgeva, invece, come araba fenice nelle genuine esecuzioni, con più naturali strumenti tradizionali, di un gruppo di musicisti dilettanti che periodicamente si ritrovavano nel salone del barbiere (storico quello dell'agile mandolinista Giorgio D'Ippolito) com'era tradizione, o in suggestivi spiazzali; e perfino in un'ignota borgata, Filaga, in quegli anni resa famosa in Italia e nel mondo dalle iniziative del sociologo Ennio Pintacuda.
Risorgeva, invece, come araba fenice nelle genuine esecuzioni, con più naturali strumenti tradizionali, di un gruppo di musicisti dilettanti che periodicamente si ritrovavano nel salone del barbiere (storico quello dell'agile mandolinista Giorgio D'Ippolito) com'era tradizione, o in suggestivi spiazzali; e perfino in un'ignota borgata, Filaga, in quegli anni resa famosa in Italia e nel mondo dalle iniziative del sociologo Ennio Pintacuda.
Erano artigiani e contadini che per “un pezzo di pane” avevano lasciato la montagna per raggiungere città burocratiche o industriali: Palermo, Torino, Milano. In esse portavano, assieme a una visione montanara della vita basata essenzialmente sui tradizionali valori di famiglia, laboriosità e onestà, quella passione musicale che talvolta li spingeva a far parte di formazioni musicali. Ritornavano poi in estate come “turisti” (l’unico turismo che si potevano permettere e che Prizzi abbia conosciuto) per ricreare con la magia delle loro note atmosfere d’altri tempi.
Ora sono di nuovo emigrati senza ritorno in città misteriose e fredde quegli epigoni di un tempo ormai mitico - Mario Vaiana da Palermo (il mio mitico papà), Giannino Collura da Milano, i fratelli Leone da Torino - portando con loro l’estremo bagliore di quell’antica anima musicale.
Degli epigoni di quell'anima è rimasta, assieme al sempre più inevitabilmente flebile ricordo dei compaesani che li ascoltavano sognanti nelle melodiche serate estive, la testimonianza di qualche rara foto.
TESTIMONIANZE VARIE
Melodie fra tagli di barbe e capelli
Nel salone Cannella. Da sinistra: il chitarrista Mario Vaiana, il mandolinista barbiere Giorgio Mancuso, il mandolinista Giannino Collura, il barbiere Cannella Prizzi, estate 2004 |
Melodie per la Libera Università della Politica
Melodie acustiche d'altri tempi
Un complesso d'altri tempi Suonatori prizzesi Fonte: Facebook"Ufficio Turistico Prizzese" |
Un prizzese negli USA: Pasquale Ferrara
Bellissimo articolo, complimenti...anche per la foto!
RispondiEliminaGrazie
EliminaMolti sono i paesi della nostra Terra che possono vantare altrettanto operosi talenti rimasti pressoché sconosciuti... meritevole il tuo tentativo di riaccendere su di loro le luci della ribalta... spero che da questa pagina qualcosa possa muoversi per tornare a scommettere su queste e altre delle nostre belle tradizioni...
RispondiEliminaInternet diffonde la comunicazione, la più ampia globalizzazione l'appiattisce...speriamo bene per «le nostre belle tradizioni». Grazie
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