«La storia d’Italia», scrive
Salvo Vitale nella introduzione a L’Italia
delle stragi (1860-2012) attraverso i quadri di Gaetano Porcasi, «è piena
di stragi di cui, ad oggi, si ignorano i mandanti. Persone assolutamente
estranee a tutto hanno avuto il torto di trovarsi nel posto sbagliato, nel
momento sbagliato, hanno pagato con la vita la decisione scellerata di far di
loro le vittime sacrificali di oscuri disegni, in gran parte politici. Sul
significato di “strage” si è soffermato lo storico Giuseppe Carlo Marino nel
suo libro La Sicilia delle stragi».
Da La Sicilia delle stragi a L’Italia
delle stragi, fra storia lontana e recente cronaca, il percorso artistico
di Gaetano Porcasi si arricchisce sempre più di nuove e terribili testimonianze
su una storia regionale e nazionale che scorre in un fiume insanguinato che ci
si augura arrivi presto a valle purificato.
Conobbi e ammirai per la prima
volta le opere del pittore di Marineo sfogliando quel primo manuale sulle
stragi siciliane curato da Marino: un saggio a più mani, fra le quali quelle
pulite di Antonio Ingroia, il giudice che ha cercato con smisurato coraggio di fermare
con le armi giuridiche la Repubblica dei piduisti e dei mafiosi, dei Berlusconi
e dei Dell’Utri; e che oggi, convinto della insufficienza del solo contrasto
giuridico, scende nell’agone elettorale per una rivoluzione civile che possa
fermare o almeno rallentare l’espandersi della poliedrica destra italiana,
espressione di poteri forti che vanno dalla finanza organizzata in club assai riservati a una mafia sempre più pericolosamente sfuggente, dal «volto oscuro», tanto oscuro da spingere gli analisti a coniare espressioni come «mafia-mafia» e «mafia
grigia».
Se Marino combatte la mafia con
l’arma della storiografia e Ingroia con quelli del diritto ieri e della
politica oggi, Porcasi la combatte con i colori, che ritraggono «l’altra Sicilia»,
quella civile, onesta e del lavoro, quella delle lotte, che non china la testa.
Ne La Sicilia delle stragi sono
inserite 32 dipinti, il primo dei quali è «La poltrona vuota da occupare:
l’arredo-simbolo, il seggio certificante, il venerato feticcio della mafia come
sistema di potere», l’ultimo, non casualmente, con una didascalia che
interpreta la rappresentazione che Porcasi fa della mafia odierna e della
opposizione ad essa: «Dal terrorismo delle stragi al terrorismo del silenzio.
Il volto oscuro della mafia e i sentimenti di rivolta civile dell’“altra
Sicilia”». Quell’altra Sicilia che oggi scende in campo assieme all’altra
Italia per la “Rivoluzione civile”.
Ne L’Italia delle stragi troviamo 33 dipinti, il primo rappresenta la
strage di Bronte del 1860, il penultimo, la strage di Duisburg del 2007, ci
proietta nello scenario della mafia globalizzata analizzata da Marino e Ingroia
in Globalmafia.
Ben trentaquattro gli eventi tragici rappresentati in
questi dipinti: la strage di Bronte (1860), la rivolta e strage di
Castellammare del Golfo (1862), la mattanza (1862-64), la rivolta del Sette e
mezzo (Palermo, 1866), la strage di Giardinello (1893), la strage di
Caltavuturo (1893), la strage di Milano (1898), la strage delle Fosse Ardeatine
(1944), la strage di Marzabotto (1944), la Strage del pane (Palermo, 1944), la
strage di Portella della Ginestra (1947), la strage di Bellolampo (1949), la strage
di Reggio Emilia (1960), la strage di Ciaculli (1963), la strage di Piazza
Fontana (1969), la strage di Peteano (1962), la strage di Gioiatauro (1970), la
strage della questura di Milano (1973), la strage di Fiumicino (1973), la
strage di Piazza della Loggia (Brescia, 1974), la strage dell’Italicus (1974), la
strage di Alcamo Marina (1976), la strage di Ustica (1980), la strage della
stazione di Bologna (1980), la strage di Via Pipitone Federico (1980), la strage
di Natale (1984), la strage di Pizzolungo (1985), la strage di Capaci (1992), la
strage di Via D’Amelio (1992), la strage dei Georgofili (Firenze, 1993), la strage
dell’11 dicembre (New York, 2001), la strage di Nasiyyria (2003), la strage di
Duisburg (2007), la strage dell’Isola del Giglio (2012).
Una panoramica, come si vede, non completa ma certamente ampia e significativa di una storia d'Italia da cui gronda incessantemente sangue fin dalle origini della fondazione dello Stato unitario.
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