LA STRAGE DI CANICATTÌ NELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI
UN TESTIMONE DI QUELL'EVENTO
Antonio Insalaco, Dal taccuino di un cronista
Edizioni Cerrito, Canicattì 2013.
Presentazione:
Canicattì, Palazzo Stella, 15-02-2013.
Moderatore: Enzo
Gallo (giornalista).
Interventi di:
ing. Gaetano Rizzo (assessore Comune di Canicattì), prof. Maria Teresa Accardo
(Associazione "Unitrè"), sig.ra Maria Grazia Alaimo Gugino (giornale
"La Torre"), prof. Salvatore Vaiana (storico), mons. Vincenzo Restivo
(arciprete), avv. Diego Guadagnino (estensore "Note introduttive"),
sig. Antonio Insalaco (autore).
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Antonio Insalaco: «La responsabilità della strage
venne addebitata ai social-comunisti, agli ubriachi, ai facinorosi, ai
delinquenti provocatori, per nascondere quella che era l'attuazione di un
piano predisposto dagli agrari e dalle forze anticomuniste». (grassetto
corsivo ns)
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Sulla
manifestazione è stato prodotto, a cura del sig. Gino La Morella, un video
amatoriale, documento di una iniziativa culturale ricca di interventi,
specialmente sulle pagine di più alto valore storico-testimoniale del libro:
quelle sulla strage del 21 dicembre 1947. Purtroppo il DVD non riporta le
sequenze degli interventi relative alla strage, per cui si è voluto rimediare a
questa non voluta lacuna con delle didascalie alle immagini dei diversi
interventi arricchite da note di chiarimento e approfondimento. |
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Da destra: V. Restivo, G. Rizzo, M.T. Accardo, D. Guadagnino, E. Gallo, A.
Insalaco, M.G. Alaimo Gugino, S. Vaiana. |
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La prof.ssa
Accardo esordisce ringraziando il socio dell'Associazione "Unitrè"
che ella rappresenta per aver pubblicato un libro «di particolare rilevanza».
La professoressa ha poi dichiarato e ribadito che sulla strage del 21 dicembre
1947 c'è stato un «colpevole silenzio».
Di uno «strato di silenzio» parla anche l'avv.
Diego Guadagnino nelle sue "Note introduttive" al libro di Insalaco.
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Dice Guadagnino
nelle "Note": «I sesantaquattro anni occorsi per vincere la
resistenza a parlarne pubblicamente non sono pochi, ma sono il sintomo
rivelatore dello strato di silenzio che da tutte le parti e sin d'allora si
lasciò cadere sulla strage».
Guadagnino ribadisce poi nel suo intervento ciò che
afferma nelle "Note": quel giorno «colpi di arma da fuoco partirono
dal balcone della sede delle guardie campestri prospiciente corso Umberto,
luogo dell'eccidio. Con un'indagine aperta a tale dato fattuale ([...]) il
processo avrebbe condotto a esiti diversi».
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Nel suo
intervento Salvatore Vaiana traccia un quadro sintetico del contesto storico
(politico, sindacale, sociale) in cui la strage maturò e ricorda che il
prezioso contributo di Insalaco si aggiunge a quello dei figli di altre due
vittime della violenza mafiosa e di Stato di quell'inquietante Quarantasette
siciliano: Accursio Miraglia e Giuseppe Casarrubea. Accursio Miraglia,
dirigente della Camera del Lavoro di Sciacca, ucciso il 4 gennaio 1947;
Giuseppe Casarrubea, dirigente della Camera del Lavoro di Partinico, ucciso il
22 giugno 1947; Vincenzo Insalaco, attivista della Camera del Lavoro di
Canicattì, morì in carcere nel 1950. La mafia agraria fu responsabile di questi
tre assassinii e del dolore intramontabile di tre figli, Nico, Giuseppe jr e
Antonio, che non hanno dimenticato.
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Antonio
Insalaco, dopo aver raccontato alcuni degli aneddoti a lui più cari, si
sofferma, con visibile e comprensibile emozione, sulla strage del 21 dicembre
sottolineando come quel giorno a manifestare non c'erano degli «avvinazzati»,
come qualcuno scrisse, ma disoccupati e affamati: «C’era lo sciopero perché
volevano lavoro» e, aggiuge, «bisogna rivalutare questo discorso».
E «rivalutare» oggi significa valutare
storicamente: «solo il lavoro degli storici - scrive Guadagnino nelle
"Note" - viene certificando responsabilità che la magistratura di
allora decise di non vedere».
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Mons. Restivo, testimone della
strage, esprime le sue «congratulazioni ad Antonio Insalaco» per la
pubblicazione. Se non l'udito, dice, «il buon Dio mi conserva gli occhi e la
memoria» e «la memoria è vita»: in un suo scritto del 1986 l'arciprete Restivo
consegnò alla storia la sua "memoria" di un momento drammatico della
sua "vita", quello appunto della strage. In quello scritto, documento
prezioso, dichiara che «i soci del Circolo s'erano forniti di potenti armi di
difesa» che avrebbero di certo causato una «carneficina» «se dall'imbocco del
corso Umberto la massa in sciopero si fosse sospinta fino al Circolo di
Compagnia».
Oggi il Circolo, di cui mons.
Restivo è socio onorario, non è più il club reazionario e fascista degli agrari
ma un semplice luogo di sociabilità e di interessanti iniziative artistiche e
culturali, diretto da un'amabile e mite persona, il dott. Carmelo Fazio Gelata.
Fra queste iniziative culturali ricordo la recente pubblicazione del libro del
prof. Diego Lodato "Il Circolo di
Compagnia di Canicattì", a cura dello stesso Circolo, nel quale non
troviamo (stranamente!?) un capitolo e nemmeno un fugace cenno sulla strage (un
silenzio eloquente).
Eppure la strage sembrerebbe avere nel Circolo - stando a quanto
riferisce mons. Restivo (e a quanto ci ricorda Guadagnino nel libro di
Insalaco: «La mancata perquisizione del Circolo di Compagnia, pur circolando la
voce che vi erano nascoste armi, come ammise il tenente Bongiovanni al
dibattimento avanti l’Assise agrigentina») - la sua chiave di lettura, ancor
più che in quel balcone stragista.
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Nel
suo intervento la signora Alaimo Gugino esterna il suo giudizio positivo sul
cronista Insalaco che - come scrive in una lettera a lui indirizzata e
pubblicata nel libro - è «sempre in prima linea». Non si può non condividere il
giudizio della signora: così infatti è, come si evince dagli articoli sul
"Siciliano nuovo" del lontano 1950 a questo libro, che contiene pagine
coraggiose.
La Alaimo
Gugino non si pronuncia sulla strage, comunque ci sembra doveroso ricordare che
si deve alla sua sensibilità storica la pubblicazione nel libro del prof.
Gaetano Augello, Agostino La Lomia, un Gattopardo nella terra del Parnaso”,
di un eccezionale documento sulla presenza a Canicattì di Luky Luciano: una
presenza inquietante che potrebbe collocare la strage in un contesto più ampio
e complesso di quanto si possa immaginare.
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In uno
dei suoi interventi Enzo Gallo, rivolgendosi all'assessore Rizzo e dimostrando
apprezzabile sensibilità, chiede «all'Amministrazione che si faccia luce su
questa strage che potrebbe essere una zona d'ombra della nostra storia».
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L'assessore
al Comune di Canicattì porta i saluti dell'Amministrazione comunale e lo
ringrazia per aver «servito il territorio di Canicattì come dipendente
comunale. E aggiunge: «Di lui c'è ancora il ricordo fra gli impiegati comunali
e fra la gente perchè ha ben operato con spirito di servizio, e di questo
gliene voglio dare atto pubblicamente. Ma poi Antonio Insalaco ha fatto altre
cose molto importanti: lui è stato uno dei cronisti di Canicattì, ha fatto sì
che i fatti che si succedono nella nostra città non restassero ignoti agli
altri».
Il nostro augurio è che l'assessore accetti la
richiesta del giornalista Enzo Gallo affinchè possa appunto diradarsi questa
«zona d'ombra della nostra storia».
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Pubblicazioni sulla strage di Canicattì
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