3.11.18

INSALACO ANTONIO, Intervento al convegno "Lelio Basso e Pio La Torre, due vite parallele per la democrazia e la legalità costituzionale

Un saluto a tutti, 
e mi consentite di esprime due parole precise, sarò brevissimo, perché io non sono un testimone del tragico 21 dicembre del 1947, ma sono uno che ha vissuto quel tragico fatto. 
Non fu una strage il 21 dicembre, è inutile che si dice che è una strage; è stato un movimento di lavoratori, di braccianti che quattro giorni prima di Natale, quattro giorni prima c’erano migliaia di persone, di braccianti senza lavoro, e morti di fame, che sono scesi da tutti i quartieri con le bandiere, da Sant’Eduardo, da Borgalino, dalla Madonna della Rocca, da tutti i quartieri, e sono convenuti in Piazza IV Novembre. 

Io, in un libro che ho pubblicato, ho accertato che i nostri poveri fratelli morti sono stati colpiti alle spalle; e ci sono le prove e i documenti e ci sono anche i testimoni. E da chi? Dalle guardie campestri che erano nel primo piano di fronte al cordone, dietro al cordone dove c’erano i carabinieri e i rivoltosi; perché i rivoltosi non erano animati di creare un fattaccio, erano animati ché volevano lavoro, che c’era la legge di imposizione di tanti giorni di lavoro ... signori. 
Quindi io dico e affermo che quel fattaccio si deve alla reazione di destra e principalmente alla borghesia, caro (Monina). 
Nel Circolo dei cosiddetti nobili si dice che c’erano le mitragliatrici pronti, che, se i lavoratori scendevano giù, sarebbero tutti morti assassinati.
Mi rivolgo ai giovani: non dimentichiamo questi nostri morti fratelli, perché da tanto tempo non se ne parlava più. Io vedo con piacere che ora ne parliamo. Andiamo avanti. Noi ragazzi, allora, con le bandiere, con l’entusiasmo, con la speranza di ideali di giustizia, di libertà, di fratellanza che allora ci animava. 
Giovani, avete perduto gli ideali, lottate per un mondo migliore come abbiamo fatto noi nel passato; non dimenticate quello che hanno fatto i vostri avi: la lotta contro la mafia, la lotta per le terre incolte. 
Io ho visto passare tanti di questi personaggi e li ho conosciuti: ho conosciuti i morti, i tre braccianti e il povero carabiniere, a cui rivolgo un grande pensiero. E con l’occasione vorrei dire una cosa al signor sindaco: subito dopo gli anni del fattaccio, il Comune portava al cimitero, il 2 novembre, le corone ai morti; oggi non si fa più, i morti sono stati dimenticati. 
Io dico: non dimenticate. E ai giovani dico: guardate avanti per un mondo migliore.

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