3.11.18

MASSIMO RASO, Intervento al convegno "Lelio Basso e Pio La Torre, due vite parallele per la democrazia e la legalità costituzionale

Intervengo molto velocemente per non togliere ulteriore spazio, per non appesantire la nostra discussione.
         Sono davvero contento perché oggi noi rimediamo ad un debito che avevamo con la Storia.

         Con la scopertura della lapide (qui oggi e poi quando verrà collocata utilmente nella piazza in cui tutto questo è avvenuto) in qualche modo chiudiamo questa mancanza ed iniziamo un nuovo percorso per Canicattì, perché è un riconoscimento pubblico, ufficiale, solenne, istituzionale che quei fatti che sono avvenuti, e sono avvenuti, come ci ricordava Insalaco, non ad opera di qualche “facinoroso”. 
Nell’intervento iniziale ho sentito questa parola che non fa giustizia di quello che è accaduto.
Quello che accaduto e come è accaduto lo ha spiegato benissimo Vito Lo Monaco. 
In questa lunga scia di sangue, in questa battaglia, che continua, per il pane, per il lavoro, per la terra, soprattutto per la terra, dai Fasci siciliani in poi, ci sono tanti nomi e cognomi che conosciamo, alcuni li conosciamo altri no; per questo va recuperata questa memoria a Canicattì, così come va recuperata in tutti i posti dove è successo qualcosa. 
Ad esempio, proprio mentre accadevano questi fatti a Canicattì, nella vicina Campobello moriva Giovanni Vizzì, di cui nessuno parla, di cui nessuno si ricorda; magari in quel paese non c’è neanche una via, francamente non lo so. 
Poco fa ce lo ricordava Insalaco con parole molto toccanti, noi abbiamo un dovere: il dovere che abbiamo, sicuramento lo abbiamo come sindacato - io, da questo punto di vista, prendo la mia parte di impegno - di non dimenticarli questi fatti, ma non perché siamo con la testa rivolta al passato, a ricordare cose successe 70 anni fa o molto più lontane. 
Eravamo con Vito Lo Monaco a Licata a ricordare Vincenzo Di Salvo, un operaio edile che è stato ammazzato nel corso di un’iniziativa sindacale, e ricordavamo come da  Lorenzo Panepinto di Santo Stefano di Quisquina  in avanti, in questa provincia, c’è stata una lunga scia di sangue.
Molti dei nomi e cognomi di questi lavoratori, braccianti, capilega non sono conosciuti; e allora questa memoria va recuperata perché va resa giustizia, va reso giusto merito e onore a chi a dato la sua vita per questa battaglia. 
Ricordavamo, sempre stamattina con il Prof. Vaiana, per esempio, il Mannarà che qualche giorno prima dell’omicidio Miraglia - quell’anno è davvero un anno particolare - scampa per la seconda volta ad un attentato. Se fosse morto, oggi sarebbe celebrato come un eroe e invece  lo ricordiamo come implicato,  come imputato nella strage: questo è il paradosso di questa vicenda!
 Anche qui è un personaggio, un dirigente, che andrebbe conosciuto, che dovremo ricordare. 
Il prossimo anno saranno i 100 anni della Camera del Lavoro di Canicattì e io proporrò che il Primo Maggio provinciale  si possa tenere qui a Canicattì, riproponendo una tradizione che pure c’era in questa città e che va recuperata, perché questa strage che è stata dimenticata vada conosciuta.
L’iniziativa di oggi, con i bellissimi lavori che avete prodotto - davvero vi faccio i complimenti - e tutto il lavoro che ci avete messo in tutto questa preparazione, tornerà utile, perché la cosa bella di questa iniziativa è il fatto che qui ci sono tanti giovani che possono continuare a trasmettere questa memoria, quindi conoscerli questi fatti, ricollocarli nel giusto contesto storico e soprattutto trasferirli perché se non conosciamo il passato non possiamo costruire il futuro.
 Abbiamo il dovere di capire che c’è stata una parte della Sicilia che queste battaglie le ha fatte, ed è grazie a quelle battaglie di cui  dobbiamo essere contenti , che abbiamo più una Sicilia feudale, oggi ne siamo usciti,  alla fine abbiamo vinto. 
È stato buttato tanto sangue però alla fine abbiamo vinto, non abbiamo quella Sicilia feudale e questa cosa dobbiamo ricordarla, dobbiamo farne tesoro per le battaglie dell’avvenire, perché è chiaro che le battaglie per il lavoro, per il diritto al lavoro, che non sono le stesse di 70 anni fa, continuano ancora adesso perché la situazione sociale, sia pure in un contesto assai diverso,  continua a essere la stessa.
Devo confessare che anch’io mi sono chiesto cosa c’entrano Lelio Basso, Pio La Torre e la strage di Canicattì.
Alla fine ho  trovato tante risposte, intanto stranissime coincidenze: la strage è del 21 dicembre, l’Assemblea costituente che il giorno dopo approva quella Costituzione di cui abbiamo visto quei bellissimi articoli, e in quel lavoro lì c’è il lavoro di Basso; lo stesso Lelio Basso che poi ritorna come avvocato in difesa di quei lavoratori che sono stati ingiustamente imputati in quel processo; l’arringa difensiva che andrebbe letta, distribuita, che è costruita bene e conclude con quelle parole che qui venivano ricordate. E la Torre che fa le stesse battaglie in un’altra provincia.
Alla fine, quindi,  questa vicenda mette insieme davvero queste figure che vanno conosciute, e quindi io mi auguro che la giornata di oggi, intanto per quelli che siamo qui, ma a seguire per quelli che verranno, se avremo la capacità di trasmettere il senso vero di questa storia che è accaduta in queste nostre piazze, in queste nostre vie, ricordando quegli uomini e quelle donne che hanno fatto queste battaglie, conoscenza storica e riconoscenza umana che dobbiamo a chi ci ha preceduto e che noi come Cgil continueremo a portare avanti.

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